Per
quelli che come me amano il mondo del vino, queste settimane di fine settembre sono
piene di eccitazione. Tutti i sensi si scatenano, come se fossimo investiti da
una “tempesta ormonale”.
Al
lavoro di un intero anno, svolto per la cura della vite, seguirà, ora, il
lavoro di anni in cantina, per la cura del vino.
L’uvaggio,
l’ammostatura, la diraspatura, la fermentazione.
In
questi momenti, la cantina emette profumi inebrianti.
Durante
i rimontaggi del mosto, l’odore vinoso si propaga per un raggio di centinaia e
centinaia di metri, lasciando percepire ai passanti un “canto armonioso” di
gioia e di festa.
I
primi sentori si affacciano.
Lo
zucchero si trasforma in alcol, dopo “il
ribollir dei tini”, il liquido inizia ad assumere consistenza, sapore,
colore e odore.
Ma,
tutto ciò, ……. non è ancora vino.
Siamo
ancora all’inizio della creazione.
Follatura,
svinatura, torchiatura.
Il
liquido non ha più zucchero, perché i lieviti hanno svolto il proprio lavoro; ma
bisogna attendere la fermentazione malolattica, se non la si vuole evitare, con
il controllo delle temperature.
L’amore
del vinaiolo, la sapienza dell’enologo, le attrezzature tecniche, la qualità
dei prodotti usati, sono le componenti ideali per raggiungere un risultato
d’eccellenza.
Dopo
alcuni travasi, disposti nei giorni di luna buona, in primavera il vino è
pronto da bere.
Vini
importanti, invece, sono lasciati a maturare in botti di legno (piccole o
grandi), per assumere quei sentori terziari che caratterizzano i vini di
struttura, prima di essere imbottigliati e, poi, saggiamente degustati.
Possono
anche passare decenni, prima che il vino raggiunga la giusta maturazione per
essere gustato.
Possono
passare cento anni, e quel vino sarà ancora lì, ad attendere di regalare ai
fortunati degustatori un’incantevole emozione.
Io
faccio parte di quel ristretto numero di “odiati” signori che si peccano di
essere Sommelier professionisti. Diplomato presso l’A.I.S. di Roma, ritenuta da
tutti la Stanford University dei Sommelier.
Sì,
quei signori, a volte ritenuti spocchiosi, un po’ eccentrici, saputelli, che
declamano il vino come fosse un’opera di Michelangelo.
Coloro
che trasformano le componenti chimiche presenti nel vino, in poesia.
Che
parlano di sentore di banana, invece
di dire che nel vino è presente la molecola di acetato di isoamile; che, portando al naso il bicchiere dopo averlo
leggermente roteato, percepiscono il profumo del biancospino, evitando di dire che è presente la molecola dell’aldeide anisica; che in bocca, dopo aver
pressato il vino fra la lingua e il palato, dicono che rimane un finale di mandorla amara, pensando a quanto,
invece, sarebbe stato brutto se avessero detto che il finale, al gusto, era segnato
dalla molecola dell’aldeide benzoica.
Siamo
i poeti di Bacco, ma anche i Templari di un “ordine
raffinato” e rigido, che interpreta la filosofia e la serietà del vino.
Coloro
che il vino lo pagano il giusto prezzo, ma che pretendono che siano rispettati
i disciplinari di produzione, che sia ben conservato, che sia ben servito, alla
giusta temperatura, accolto nei bicchieri giusti, introdotto da un sommelier
professionista e, non ultima, che ci sia una carta dei vini decorosa nei
ristoranti.
E’
una battaglia dura, fatta contro i produttori
disonesti; contro i mercanti del vino;
contro i ristoratori avidi, e contro
i consumatori ignoranti.
Rispettiamo
il lavoro di chi mantiene alta la qualità dei prodotti, di chi sperimenta e
investe nel settore, di chi divulga la cultura e la tradizione del vino, di chi
promuove nel mondo le nostre migliori cantine, di chi combatte l’uso
quantitativo del vino, educando i consumatori alla qualità e al rispetto di se
stessi, di chi, come noi, apprezza e ama tutti coloro che rendono unico e meraviglioso
il mondo del vino.
Questa
mattina, alla buon ora, una mia amica
produttrice di Nobile di Montepulciano, ha lanciato su facebook il messaggio
che stava partendo la raccolta delle sue uve.
Tutti
noi abbiamo accolto la notizia come se ci avesse annunciato che si erano “rotte
le acque”, e che si stava apprestando a entrare in sala parto!
Noi
che amiamo il vino, riceviamo queste sublimi emozioni, e le trasmettiamo, moltiplicandole
a nostra volta, a tutti coloro che al vino attribuiscono il sapore della vita.
Si
tratta forse di un’”Elite” ?
Non
lo so, non mi interessa catalogare gli uomini.
Certo
è, che sarei molto più felice, se le persone non improvvisassero, e parlassero
e scrivessero di vino, avendone conoscenza.
Roma
29 settembre 2012
Bartolomeo
Roberto Lepori
OdG
Lazio n. 137270
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